Salute e Movimenti, 1978-2015: recuperare la memoria storica per guardare al futuro

Pubblicato su saluteinternazionale.info il 30.03.2015

Rileggere le attività e le riflessioni sulla Salute Globale guardando al passato ha permesso di recuperare una memoria storica estromessa dalla riflessione attuale sulla formazione e le politiche in salute e, allo stesso tempo, di guardare al futuro sviluppando nel presente nuove pratiche e riflessioni. Se ne discuterà a Bologna il 18 e 19 aprile.

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Il 18 e il 19 aprile si terrà a Bologna un incontro nazionale durante il quale persone provenienti da diversi ambiti della società civile proveranno a condividere pratiche e saperi sul rapporto tra le forme di welfare istituzionale (servizi) e le esperienze di autorganizzazione nel campo della salute a partire da una ricostruzione storica della medicina critica in Italia.

L’idea di organizzare questo tipo di evento è emersa all’interno di un percorso di riflessione nato nella Rete Italiana Insegnamento Salute Globale (RIISG) più di un anno fa. In questo ultimo periodo è divenuto sempre più evidente che per la RIISG fare formazione in Salute Globale (SG) non voglia dire solo integrare i curricula universitari con tematiche specifiche, ma introdurre un modo diverso di pensare e agire la salute all’interno della società. Per questo, il lavoro della rete, partito da riflessioni attinenti alla sola formazione medica in SG, ha riconosciuto la necessità di non limitare la sua riflessione ad un solo ambito disciplinare (la salute globale) e professionale (le studentesse e gli studenti in medicina) ma di prendere in considerazione nel loro complesso i processi formativi di tutte quelle figure professionali che – a vario titolo – concorrono alla promozione e alla tutela della salute.

Per ripensare la formazione dei professionisti e delle professioniste della salute la RIISG ha iniziato un percorso di approfondimento che l’ha portata a rivedere le riflessioni inerenti la SG con una prospettiva storica. Questo processo ha reso possibile la ri-scoperta di un movimento di rinnovamento, di trasformazione qualitativa, del tradizionale sapere medico, che si è manifestato in Europa nel secondo dopoguerra, investendo in primo luogo le istituzioni psichiatriche ed estendendosi successivamente, molto più di recente, ad altri campi del lavoro sanitario[1].

Il movimento di medicina critica si caratterizzò per alcune riflessioni che misero fortemente in discussione i fondamenti epistemologici del sapere e del potere medico e delle sue forme di istituzionalizzazione, quali la critica al ruolo del medico come mero “tecnico”, alla neutralità della scienza, alla funzione di controllo sociale svolta dalle istituzioni mediche (ospedale e manicomio in primis) e alla società capitalistica come primaria generatrice di disuguaglianze e ingiustizie sociali(a).

Tali critiche trovarono negli anni ’60 e ’70 un’espressione pratica in diversi contesti sociali, comunitari e istituzionali, nella convinzione che fosse possibile fare politica non solo all’interno di un partito ma nel vivo del proprio lavoro, trasformando giorno per giorno la realtà repressiva imposta. Molte furono le esperienze, dentro e fuori le istituzioni, che presero vita in quegli anni in tutta Italia, nel tentativo di costruire reti di assistenza, politicamente posizionate e socialmente responsabili, orientate alla promozione della salute nella comunità, in forma orizzontale e collettiva.

Nel campo della medicina del lavoro e della salute pubblica pensiamo alle esperienze di lotta contro la nocività del lavoro in fabbrica. In psichiatria sono note le esperienze di lotta antimanicomiale che portarono nel corso degli anni ’80 alla deistituzionalizzazione degli ospedali psichiatrci in molte città italiane, a partire da quello di Trieste nel 1977. Il lavoro per la costruzione di strutture sanitarie di base e di collettivi sanitari nei quartieri urbani, prima dell’istituzione delle Unità Sanitarie Locali (USL)(b), si caratterizzò per esperienze uniche in termini di coinvolgimento della popolazione e analisi partecipata dei bisogni, come quella del Centro di Medicina Sociale di Giugliano(c). Pensiamo, inoltre, ai consultori e ai centri di salute per le donne autogestiti, agli asili nido nelle fabbriche e alle cliniche per l’aborto “illegali” che nacquero dalle pratiche del femminismo radicale degli anni Settanta. Questi permisero alle donne una riappropriazione del corpo nello spazio della cura al di fuori dei ruoli di moglie e di madre prodotti dal modello sessista dominante.

Rileggere quindi le attività e le riflessioni della RIISG sulla SG guardando al passato ha permesso di recuperare una memoria storica estromessa dalla riflessione attuale sulla formazione e le politiche in salute e, allo stesso tempo, di guardare al futuro sviluppando nel presente nuove pratiche e riflessioni. Infatti, molte delle questioni politiche e dei contenuti critici che oggi vengono rivendicati da esperienze di autorganizzazione e collettivi nel campo della salute (intesa in senso ampio come azione sui determinanti sociali) erano fortemente presenti nei movimenti di medicina critica e antipsichiatria degli anni Sessanta e Settanta.

Nei circa trent’anni che sono intercorsi dalla loro istituzionalizzazione in leggi(d) e dal processo di costituzione del Sistema Sanitario Nazionale(e), tali sperimentazioni pratiche si sono però svuotate nel tempo del loro potenziale rivendicativo e trasformativo, e, contemporaneamente, sono state assorbite all’interno di un sistema di politiche sociali caratterizzato dalla liberalizzazione e privatizzazione dei servizi di assistenza di base.

Questo percorso di ricerca di senso interno alla RIISG non si iscrive solamente in una prospettiva storica ma anche geografica. Questa riflessione è infatti divenuta parte di una ricerca-azione internazionale coordinata dal People’s Health Movement (rete di reti globale per il diritto alla salute, organizzata dal basso in ‘circoli Paese’ presenti in circa ottanta nazioni e dotata di strutture leggere di coordinamento a livello globale).

La ricerca vuole indagare l’impatto che i movimenti sociali hanno sulla salute delle popolazioni: con quali pratiche, strategie e principi essi agiscono per la promozione della salute dei popoli?

Questo progetto rappresenta un’occasione per costruire legami e condividere esperienze con diverse realtà sociali che solo apparentemente sembrano non occuparsi di salute ma che in realtà, secondo l’approccio fondato sulla teoria dei determinanti sociali della salute[2], svolgono un ruolo di primaria importanza in tal senso.

Parte del gruppo italiano di ricerca condivide il percorso fin qui svolto dalla RIISG e descritto sopra e per questo motivo i due processi di riflessione e ricerca hanno trovato una convergenza naturale nell’organizzazione dell’evento di aprile.

Il gruppo che sta conducendo la ricerca è formato da medici, antropologhe, studenti e studentesse, ricercatrici che operano a livello nazionale. Fin dal momento della sua fondazione esso si è definito aperto a contributi e stimoli esterni e con la volontà di accogliere competenze e figure professionali diverse tra loro. Oltre che sui contenuti, il gruppo ha deciso di portare contemporaneamente avanti una riflessione sul metodo della ricerca e le implicazioni personali di chi in essa è coinvolto, cercando di rispondere ad alcune domande. La ricerca-azione può essere uno strumento per la costruzione dei movimenti? Se si, chi è colui o colei che fa la ricerca? Un attivista, un ricercatore o entrambi? E in tal senso è possibile scindere la ricerca da una forma di attivismo? In che modo il coinvolgimento personale nella ricerca può influenzare il metodo di ricerca? E, infine, il coinvolgimento personale politico e (spirituale?) nella ricerca e nell’azione può essere considerato una scelta metodologica?

Durante i giorni dell’evento si proverà a iniziare un confronto aperto sui saperi e le pratiche relativi alla salute coinvolgendo: persone che hanno attraversato e animato le riflessioni riguardanti la medicina critica in Italia (alle quali verrà chiesto di guardare alla situazione attuale a partire dalla loro esperienza “storica”), tutte quelle figure professionali coinvolte nel campo della salute e dell’assistenza socio-sanitaria e militanti e attivisti/e in esperienze di autorganizzazione nel campo della salute.

L’organizzazione dell’incontro non sarà rivolta solo alla condivisione di contenuti ma anche alla loro modalità di costruzione. Per questo motivo, obiettivo principale dell’evento è favorire la costruzione di un contesto in cui le persone possano prendersi reciprocamente cura le une delle altre attraverso l’incontro e il dialogo. In tal senso le attività proposte cercheranno di essere il più possibile rispettose dei presenti e favorenti il coinvolgimento dei singoli. Si cercherà di proporre e costruire un nuovo modo di lavorare e stare insieme di cui tanto si riscontra la necessità all’interno delle istituzioni e della società. Il fine è quello di concorrere a co-costruire un passaggio da una cultura egocentrica e individualistica ad una sociocentrica. Questo passaggio richiede uno spostamento da un modo di pensare astratto e analitico a uno di carattere più contestuale, olistico e sintetico grazie al quale le persone all’interno di un gruppo o di una comunità possono costruire relazioni nelle quali diventare consapevoli dell’intera ecologia della quale sono parte e che concorrono a creare.

Per partecipare all’evento, che si terrà a Bologna, è necessario scrivere all’indirizzo mail medicisenzacamice@gmail.com. La partecipazione è gratuita e la scadenza per le iscrizioni è stata fissata per l’8 Aprile 2015.

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Martina Riccio, Centro Studi e Ricerche in Salute Internazionale e Interculturale, Dipartimento di Scienze Mediche e Chirurgiche (DIMEC) Università di Bologna

Alessandro Rinaldi, Specializzando in Igiene e Medicina Preventiva, Sapienza Università di Roma. E membro del gruppo Medici Senza Camice

 

Bibliografia

1. Carrino L. Medicina Critica in Italia. Messina-Firenze: Casa Editrice G. D’Anna, 1977.

2. Commission on Social Determinants of Health. A Conceptual Framework for Action on the Social Determinants of Health. Discussion Paper (Final Draft), April 2007.

Note

a) Innanzitutto veniva criticato il ruolo del medico come mero “tecnico”, riproduttore di un sapere oggettivo sul corpo, mettendo in luce come nel processo di crescente tecnicizzazione e specializzazione della medicina vi era piuttosto l’intento di occultare il ruolo politico del medico, che spesso prende la forma di “controllore sociale”. La “scienza”, lungi dall’essere un sapere neutrale, veniva vista come il prodotto della classe sociale borghese, e, inevitabilmente, non poteva che (ri)produrre conoscenze a sostegno dei privilegi economici e politici di quella classe. Le istituzioni mediche, come l’ospedale e il manicomio (ma anche la stessa università in cui i medici vengono formati), venivano considerate “istituzioni totali” il cui principale mandato era il disciplinamento del corpo/soggetto. All’interno di questi spazi nessuna “cura” è possibile, poiché le relazioni gerarchiche e di controllo su cui sono strutturati, contribuiscono alla condizione di sofferenza e malattia della persona.

b) Le USL sono state istituite, assieme al Servizio Sanitario Nazionale, con la L. 23/12/1978 n. 833.

c) Il Centro di Medicina Sociale è stato in funzione nell’arco di dieci anni, dal 1975 al 1985 circa. In seguito al forte terremoto che colpì Giugliano nel 1980, numerose furono le difficoltà per il proseguimento delle attività del Centro.

d) In particolare il riferimento è alle note Leggi 180 e 194 del Maggio 1978: la “Legge Basaglia” sulla chiusura dei manicomi e quella sull’Interruzione Volontaria di Gravidanza (IVG).

e) Tale processo prende avvio nel 1958 con la costituzione del Ministero della Sanità e culmina nella Legge 833 del 23 dicembre 1978 con la soppressione del sistema mutualistico e l’istituzione del Servizio Sanitario Nazionale (SSN).